Dna sintetico, è forse la soluzione al problema dell’archiviazione massiva di dati?

Biomemory Labs sta sviluppando la tecnologia Dna Drive che permetterà di archiviare dati (illimitati) in molecole di Dna.

Siamo agli albori dell’era di Big Data. La mole di informazioni digitali cresce a un ritmo quasi esponenziale anno dopo anno, un fenomeno che ci accompagnerà inevitabilmente anche per gli anni a seguire. È un dato di fatto che l’uomo sta generando nuove informazioni più velocemente di quanto possa archiviarle efficientemente.

È vero che si stanno sviluppando supporti di archiviazione che offrono sempre più capacità e persistenza, ma attualmente la vita utile di questi supporti (ottici, nastri magnetici, hard-disk o memorie flash) è di circa 7 anni, un tempo insufficiente per determinati ambiti in cui c’è necessità di tenere archiviate informazioni per periodi di tempo più lunghi per via di motivi normativi o semplicemente perché questi dati potrebbero rivelarsi importanti in futuro.

Su questi supporti si archiviano anche i dati che, probabilmente, non verrai mai utilizzati, ma che è comunque tenere archiviati da qualche parte. Si calcola infatti che a questa categoria appartiene circa il 70% dei dati prodotti, denominata WORN (Write Once Read Never).

Di solito, il supporto utilizzato sono unità di nastro magnetico: sono economiche e hanno capacità di contenere molte informazioni. Tuttavia, l’accesso a questi dati diventa sequenziale e molto lento se paragonato ad altri supporti.

Inoltre, trascorso un certo lasso di tempo, è necessario copiare tutte queste informazioni altrove e mantenere questi dispositivi ad una temperatura ed umidità costanti, il che presuppone costi anche importanti per l’impresa.

Dna Drive

La trasformazione digitale che stiamo vivendo necessita di una rivoluzione in materia di archiviazione e, a tal proposito, la società francese Biomemory sta lavorando ad un progetto che potrebbe rappresentare la svolta di questa rivoluzione.

Di certo esiste un tipo di archiviazione che non è stato sviluppato dall’uomo, ma che comunque si è evoluto dall’alba dei tempi: il Dna.

Biomemory Labs (una spin-off dell’Università Sorbona nata lo scorso anno) sta quindi lavorando ad una tecnologia che avrebbe il potenziale di rimpiazzare i supporti di archiviazione tradizionali, riducendo così il loro alto consumo energetico.  La tecnologia sarebbe capace di criptare e organizzare i dati all’interno di molecole di Dna a doppia catena, ovvero sarebbe quindi capace di replicare il Dna in forma sintetica per potervi archiviare qualsiasi tipo di informazione.

Si tratta della tecnologia Dna Drive che la società definisce come una strategia di archiviazione dati in Dna biosicura e biocompatibile con capacità illimitate.

La stabilità del Dna supera di gran lunga qualsiasi altro supporto esistente. Lo dimostra ad esempio un frammento di Dna di un mammut vissuto un milione di anni fa che si è preservato intatto.

Anche l’aspetto relativo alla densità arriva a livelli ineguagliabili. Secondo Biomemory, si parlerebbe di 4,5×10 elevato alla 20 byte per grammo di Dna, ovvero sarebbe possibile archiviare 0,45 zettabyte di informazioni in appena 1 grammo di Dna.

Tutti i dati digitali generati dall’umanità nel 2019 (45 zetabyte) sarebbero quindi contenibili in appena 100 grammi di Dna.

Inoltre, il Dna non avrebbe bisogno di energia visto che le molecole sono totalmente stabili in condizioni appropriate.

Già nel 2012 sono stati osservati progressi notevoli a livello di criptazione di dati in sequenze sintetiche di Dna “in vitro” tramite una serie di algoritmi, ma esistevano alcune limitazioni come bassa densità di archiviazione o lentezza al momento di trascrivere o leggere le informazioni.

I progressi di Biomemory per superare questi limiti relativi all’archiviazione delle informazioni in Dna si basa sull’utilizzo di processi biologici e su proprietà di organismi vivi.

Dna Drive utilizza molecole di Dna a doppia catena come supporto fisico, compatibile con la manipolazione in vitro e in vivo.

“Una volta costituite queste molecole, si possono introdurre in organismi viventi per essere poi manipolati. La nostra tecnologia permette un’organizzazione fisica multi-scala che consente l’accesso aleatorio, agevola l’assemblaggio una volta terminata il sequenziamento e offre una capacità illimitata.”, commentano i responsabili di Biomemory in occasione di IT Press Tour (l’evento stampa in cui abbiamo avuto l’occasione di approfondire i dettagli di questa tecnologia”.

Codificazione dei dati

Senza entrare nei dettagli squisitamente tecnici (visto che forse molti pochi avrebbero conoscenze biologiche così approfondite), Biomemory ha sviluppato un algoritmo chiamato RISE (Random In-Silico Evolution) in grado di criptare e assemblare le informazioni dal codice binario (0/1) al codice quaternario (A, C, G, T), caratteristico delle sequenze di nucleotidi per assicurare la compatibilità con il Dna.

La struttura di Dna Drive è quindi composta da unità di archiviazione chiamate settori. Ogni settore è composto da un blocco di dati di lunghezza variabile dove archiviare le informazioni.

Biomemory dispone di unità già in funzionamento. Ha quindi dato dimostrazione delle capacità di questa tecnologia con la codificazione di testi storici basati sulla rivoluzione francese: “La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” (1789) e “La dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” (Olympe de Gouges, 1791).

Entrambi i testi si trovano archiviati in poche capsule metalliche chiamate DNAshell (nell’immagine di copertina) che assicurano stabilità nel tempo, anche secoli, e una rilettura con il 100% di affidabilità.

Biomemory ammette che il cammino davanti a sé è ancora lungo, soprattutto per quanto riguarda codificazione e archiviazione delle informazioni. Si tratta di un processo ancora molto lento che deve essere ancora sviluppato perché un giorno possa essere sfruttato al meglio. Tuttavia, qualcosa di simile è successo negli anni ’60 con la computazione traduzionale, quando nessun avrebbe scommesso un centesimo su quella nuova tecnologia e guardiamo dove siamo oggi.

Il Dna Drive diventerà la prossima grande rivoluzione (o standard) per l’archiviazione massiva di dati? Lo scopriremo tra qualche anno.