Continua la crisi dei semiconduttori per le tensioni tra Taiwan e Cina

Taiwan, primo produttore al mondo di semiconduttori e microchip, si vede minacciato dalle tensioni con la Cina che intende inglobarlo sotto il proprio dominio.

L’attuale situazione di crisi tra Taiwan e Cina ha raggiunto un nuovo picco dopo la visita sull’isola di Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, che ha provocato la risposta da parte della Cina e il conseguente inizio delle manovre militari nell’area con il lancio di missili. Un aumento delle ostilità potrebbe sfociare quindi in un nuovo ostacolo al normale funzionamento del settore dei semiconduttori.

Sia il Presidente sia il Ministero della Difesa cinesi hanno minacciato possibili rappresaglie nel caso in cui l’Occidente dovesse interferire con le delicate relazioni tra Taiwan e la Cina, che considera l’isola come parte irrinunciabile del proprio territorio e per questo intende recuperarla e integrarla nel paese.

La reazione è stata accusata soprattutto dalle borse asiatiche, con perdite sulle piazze di Hong Kong, Shanghai e Seul. Di fondo rimane il timore che un’eventuale escalation potrebbe sfociare nell’invasione di Taiwan da parte della Cina.

Il punto è che Taiwan si colloca al centro della produzione mondiale di semiconduttori, componenti la cui rilevanza si è fatta ampiamente sentire negli ultimi due anni proprio per la situazione di insufficienza di offerta dovuta ai lunghi lockdown per la pandemia. La crisi dei semiconduttori è stata una battuta d’arresto che non ha colpito unicamente il settore tecnologico e l’elettronica, ma che si è riflessa anche su altri comparti dell’economia e del mercato, come l’automotive.

Equilibrio nello squilibrio

Attualmente a supportare la posizione di Taiwan troviamo potenze locali come la Corea del Sud o superpotenze come gli Stati Uniti, con questi ultimi si sono avvicinanti all’isola anche per questioni geostrategiche e politiche. Tuttavia, gli equilibri cambiano, soprattutto se Taiwan è il principale produttore di semiconduttori al mondo. Attualmente, per il mondo chip e microchip, il ranking è il seguente:

  1. Taiwan, 65%
  2. Corea del Sud, 18%
  3. Cina, 5%

Bisogna tenere a mente che solo la società TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) controlla circa il 56% della produzione mondiale di semiconduttori, insieme ad un’altra società locale, la UMC, che anch’essa controlla il 5% della produzione mondiale, vale a dire la stessa quota di mercato dell’intera Cina.

Relativamente alla produzione di microchip, la proporzione di quote tra i paesi più produttori non si discosta tanto:

  1. Taiwan, 22%
  2. Corea del Sud, 21%
  3. Cina, 15%
  4. Giappone, 15%
  5. Stati Uniti, 12%

Tra i piani di sviluppo industriale e tecnologico della Cina è presente la volontà di diventare il principale produttore di semiconduttori al mondo entro il 2025, una missione che sembrerebbe essere inarrivabile… a meno che non si trovi la “scorciatoia” di un’invasione militare di Taiwan che faccia passare la Cina da controllare il 5% della produzione a quasi il 70%, anche se questo vorrebbe dire passare per una guerra.

La soluzione nei Paesi Bassi

Curiosamente, una possibile soluzione a questo ipotetico dominio da parte della Cina si troverebbe nei Paesi Bassi, dove la società ASML è il principale produttore di attrezzatura fotolitografica al mondo, quasi monopolisticamente. Si tratta di una delle attrezzature imprescindibili per la fabbricazione di semiconduttori. La strategia sarebbe quindi quella di limitarne il commercio con la Cina, il che impedirebbe al colosso asiatico di disporre dei macchinari per produrre questi componenti.

Una situazione che potrebbe provocare un blocco da parte della Cina alla vendita di materie prime (come le terre rare) necessarie alla produzione di microchip da parte del resto dei produttori mondiali.