I ransomware causano problemi psicologici tra i professionisti chiamati a rispondere a problemi di sicurezza

Le elevate esigenze connesse al loro lavoro provoca stress, ansia, insonnia e stanchezza, oltre a intaccare il corretto sviluppo della vita sociale.

Al settore della sicurezza manca personale e chi si trova già a lavorare per imprese ed enti si vede sommerso da sempre più pressione.

Settori essenziali per l’economia, come le catene di approvvigionamento o la logistica, mai come adesso si trovano nel mirino di criminali informatici, il che ha ripercussioni dirette sul benessere di chi è chiamato a rispondere in prima persona a problemi di sicurezza.

IBM Security ha realizzato uno studio sul tema e ha scoperto che l’81% dei professionisti intervistati riconosce che l’aumento nell’incidenza di ransomware ha determinato un aumento di problemi psicologici.

Analizzando la situazione dei professionisti in prima linea per la sicurezza informatica, IBM conferma che quotidianamente queste figure sono chiamate a proteggere le società e gli enti da possibili attacchi provenienti da ogni dove. Un 68% degli intervistati dichiara che la necessità di rispondere simultaneamente a più di un problema è ormai una prassi.

Queste elevate e pesanti esigenze a cui sono chiamati si ripercuotono direttamente sulla vita privata di queste persone. Nel 67% dei casi si riscontrano problemi di ansia o stress. Altre conseguenze rilevate sono state insonnia, stanchezza e diretto impatto sulla propria vita sociale.

Dato positivo è che la maggioranza degli intervistati ha confermato di poter contare su un solido sistema di appoggio all’interno delle imprese. L’84% dichiara di avere accesso a risorse per la salute mentale mentre il 64% afferma di cercare aiuto in quest’ambito per motivi legati alla professione svolta.

IBM arriva alla conclusione che chi si trova in prima linea contro attacchi informatici sviluppa un forte senso del dovere nel proteggere gli altri. Oltre un terzo degli intervistati avverte questo senso del servizio.