L’80% dei membri della Generazione Z vuole cambiare lavoro

Il 72% dei membri della Gen Z, con età tra i 18 e i 25 anni, hanno manifestato l’intenzione di cambiare lavoro nei prossimi 12 mesi.

Una generazione di lavoratori insoddisfatti. Ecco come si potrebbe riassumere la tendenza prevalente tra la generazione dei nati tra gli anni ’90 e inizio 2000.

Frutto di questa insoddisfazione sembrerebbe essere la crescente incidenza di condotte collegate con l’impulso o l’intenzione di lasciare l’occupazione attuale per trovarne un altro, fenomeno noto come la Grande Rinuncia, meno intenso in Europa ma largamente diffuso negli Stati Uniti. Il fenomeno si compone di tre aspetti:

–        Quiet quitting: si tratta di lavoratori ormai disgustati dal proprio lavoro e che si limita allo stretto necessario per eseguire i propri compiti.

–        Loud quitting: in questo caso il lavoratore parla apertamente della propria intenzione di cambiare lavoro, sfruttando questa intenzione come strumento di negoziazione per migliorare la propria condizione lavorativa attuale.

–        Rage applying: in questo caso la condotta più che individuale è collettiva e avviene quando un gruppo di lavoratori insoddisfatti con la propria azienda o datore di lavoro si mettono d’accordo per realizzare proteste con il fine di massimizzare la propria visibilità.

Alcuni di questi fenomeni, soprattutto gli ultimi due, sono ora potenziati dall’utilizzo dei social network e di altre piattaforme di diffusione. Secondo uno studio a cura di LinkedIn e CensusWide, queste condotte hanno livelli di incidenza più alti tra la Gen Z, vale a dire tra i lavoratori di 18-25 anni, che per il 72% manifestano l’intenzione di cambiare lavoro nei prossimi 12 mesi.

Le percentuali relative alla volontà di membri di altre generazioni per cambiare lavoro nei prossimi 12 mesi sono le seguenti:

–        Millennials (26-41 anni): 66%

–        Gen X (42-57 anni): 55%

–        Baby boomer (58-76 anni): 30%

La principale ragione per questo cambiamento sembrerebbe essere lo stipendio (80% degli intervistati), seguito da conciliazione vita professionale-vita personale e da mancanza di opportunità per crescere nell’azienda.